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Addii,
fischi nel buio, cenni, tosse
"È
il quinto mottetto, e certo Montale non ne scrisse uno più bello,
più, pensatamente, perfetto. Nessuno indugio; e per affrettare
o mantenere i tempi (i tempi giusti) ha tolto ogni legamento descrittivo,
e vi ha messo una pausa, come una sospensione, indicata da quei puntolini.
Le due parti sono come attratte, e la pausa, la sospensione le separano
e insieme le avvicinano: basta che un momento il lettore misuri lo spazio,
musicalissimo, che corre tra l'una e l'altra.
Questa è poesia che veramente dura, con tutto il suo naturale
peso, dal principio alla fine: il poeta in tutto presente, il fuoco
dell'invenzione scoppiante da ogni parola o immagine, e fermarsi a tempo.
Forse gli automi hanno ragione: il dolore, il dolore che impetra! E
vedi quegli automi, come appaiono dai corridoi, murati. Allora quella
parola addii grida e si dispera; e quei fischi, quei cenni, quegli sportelli
abbassati, quel buio sono tanti strappi alla passione del distacco.
Ecco è l'ora: Il cerchio si chiude (addii.... è l'ora).
Ed ecco l'espressione di questa infelicità del dirsi addio: forse
gli automi hanno ragione. Bruciata è ogni descrizione. Senti
il correre del treno come fosse un lamento (fioca litania): prestì
anche tu ... ?. L'uno ora parla all'altro. Presti anche tu alla fioca
litania del tuo rapido quest'orrida - e fedele cadenza di carioca?.
Il dolore di sasso, il dolore represso, ecco sfogarsi, allentarsi un
poco, più che nelle parole, nell'interrogativo che fa precipitare
le parole. Orrida, orrida cadenza, ma fedele. Il poeta non ha altro
conforto, e veramente non potrebbe essere più solo" (G.
De Robertis).
Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
e sportelli abbassati. È l'ora. Forse
gli automi hanno ragione. Come appaiono
dai corridoi, murati!
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
- Presti anche tu alla fioca
litania del tuo rapido quest'orrida
e fedele cadenza di carioca? -
(Eugenio
Montale, Le occasioni, mottetti)
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