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È la poesia conclusiva della V sezione, Silvae (in latino: poesie di diversa ispirazione), della Bufera, e apparve dapprima in «Botteghe oscure» nel luglio 1948. Ritenuta uno dei capolavori di Montale ("il ritmo ammaliatore di questa poesia - osserva Giovanni Orelli - deriva soprattutto da un'indovinatissima alternanza di endecasillabi, settenari e versi pari per entro un unico fiotto sin tattico") è costituita da un 'unica, lunga interrogazione retorica che già contiene in sé la risposta (il lungo periodo è apposizione illustrativa della proposizione principale divisa fra verso iniziale e finale: "L'anguilla [...] puoi tu non crederla sorella?»). «L'allegoria dell'anguilla - ha scritto Franco Fortini - proseguita in un unico periodo sinuoso e ansioso, dev'essere considerata tra le massime poesie di Montale e della nostra letteratura moderna. L'ostinazione biologica dell'animale, la grande avventura vitale che lo conduce dai mari nordici fino alle montagne europee e da queste lo riporta ai mari, è figura di una volontà spirituale che si afferma attraverso la concretezza della condizione terrena; ed è anche la poesia, 'l'anima / verde che cerca / vita là dove solo / morde l'arsura e la desolazione'". In questa poesia, che è la manifestazione più intensa del 'leopardismo' del poeta, «culmina lo slancio drammatico pessimistico-fraterno di Montale, qui si esprimono poeticamente gli esiti supremi del suo lungo sviluppo poetico in una profondissima originalità e densità di linguaggio e di ritmo. Qui tutta la luce interna, tutta la musica interna, tutta la concretezza del lessico interno, tutta la densità e il movimento del ritmo interno [...] sono risolti unitariamente entro un'articolata dinamica organicità che serra tutto il componimento in un unico periodo terminato nella parola suprema e nella domanda drammatica e affermativa (BINNI) (Da "'900", a cura di Enrico Ghidetti
e Sergio Romagnoli, Sansoni Editore)
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