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Inclusa
anch'essa in Finisterre, questa poesia fu pubblicata per la prima volta
sulla rivista "Parallelo" nel 1943. Assume qui notevole rilievo
la figura di Clizia come "angelo visitatore", incarnato nella
perigliosa / annunziatrice dell'alba, cui fa da sfondo il lugubre "basso
continuo", secondo la definizione dello stesso Montale, dei suoni
e lamenti della guerra. Aperta da un ampio giro descrittivo che dagli
interni di una stanza passa agli esterni di una piazzola sul fondale
di mura seminascoste da alti pioppi, la lirica si dipana sul tema della
desolata condizione dell'individuo in attesa di una rivelazione, mentre
continua ad affondare per poi inutilmente risorgere.
Anche una piuma che vola può disegnare la tua figura, o il raggio che gioca a rimpiattino tra i mobili, il rimando dello specchio di un bambino, dai tetti. Sul giro delle mura strascichi di vapore prolungano le guglie dei pioppi e giù sul trespolo s'arruffa il pappagallo dell'arrotino. Poi la notte afosa sulla piazzola, e i passi, e sempre questa dura fatica di affondare per risorgere eguali da secoli, o da istanti, d'incubi che non possono ritrovare la luce dei tuoi occhi nell'antro incandescente - e ancora le stesse grida e i lunghi pianti sulla veranda se rimbomba improvviso il colpo che t'arrossa la gola e schianta l'ali, o perigliosa annunziatrice dell'alba, e si destano i chiostri e gli ospedali a un lacerìo di trombe... (Eugenio Montale, Finisterre) |
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