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Lettura sulla vita e le opere di Eugenio Montale
durante la storia italiana dal 1896 al 1981

di Lorenzo Matteoli
for The Department of Italian The School of European Languages The University of Western Australia Three Public Lectures to mark the birth of the Italian poet Eugenio Montale 1896-1996



A cento anni dalla nascita si celebra, nel 1996, anche il quindicesimo anniversario della morte di Eugenio Montale. Montale ha vissuto due guerre mondiali, la nascita del fascismo e il suo ventennio di potere, le speranze e le delusioni del secondo dopoguerra, il regime democristiano e la successiva consociazione democristiana e comunista, il suo degrado, la tentata rivoluzione degli anni 70, il terrorismo e la restaurazione. Ha scritto poesie ed è morto da uomo onesto. Distante dal potere politico e dai regimi per scelta dichiarata, per denuncia e per amara rinuncia, non accettò, e non fu accettato, dal regime fascista come da quelli successivi. Pochissimi critici di parte cattolica o di parte marxista uscirono dal settarismo che connota la cultura Italiana da quasi sempre e che in quegli anni era particolarmente marcato. La scelta, di tutta una vita, di rimanere "distante" non viene accettata: le due parti o lo rifiutano o ne tentano, volgarmente, l'appropriazione (1). Mantenne sempre la sprezzante distanza di chi da sempre sa ciò che non vuole e sa ciò che non è, non ha certezze, né le cerca.

Fu compreso dalla sua generazione e da quelle che vennero dopo. Il premio Nobel nel 1975 fu la sua laurea esistenziale di uomo e poeta libero.

La poesia di Montale è un canto minimo, intimo e vitale, una voce del tempo, dello spazio, che rievoca l'infinito e richiama l'eterno evocandoli attraverso i colori, la luce e i dettagli di immagini quotidiane, spesso di semplicità quotidiana. Ascoltare la voce di Montale è facile, sentirla e comprendere anche. Capire significati letterali non serve (2): un inutile esercizio per scoliasti. L'oscurità del poeta è la condizione che consente una personale e forse più gratificante interpretazione dei suoi versi.

Il desiderio, senza speranza, del nostro esistere per l'altro vivere è la tensione costante di Montale, alla quale risponde l'intuizione dolce e terribile: il vuoto alle nostre spalle, il nulla dietro di noi.

Da questa intuizione l'affetto per la vita, per il dettaglio quotidiano e il peso di andare tra gli uomini che non si voltano... Ognuno è poeta, pochi scrivono poesie.

Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida,rivolgendomi vedró compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco. Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto alberi case colli per l'inganno consueto. Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andró zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto. (3)

L'idea di far pubblicare un Diario Postumo a quindici anni dalla sua morte conferma l'idiosincrasia per l'impotenza contro il tempo e la ironia beffarda con la quale combatteva la battaglia già persa.

Nota preliminare

Ho cercato di scrivere una sintesi evocativa della storia Italiana di questo ultimo secolo, associandola ai vari periodi della vita di Eugenio Montale e riportando l'eco dei suoi versi per proporre una immagine dell'uomo, del suo tempo e delle sue poesie. L'esercizio si presta a diverse conclusioni che forse è bene non trarre. La poesia non nasce, i suoi motivi congiunturali sono affatto casuali e senza consistenza. La poesia -dice Montale (4)- sta fuori dalle categorie della storia, dello spazio e degli uomini. Qualunque interpretazione contingente è automaticamente riduttiva. Ho messo nelle note commenti e citazioni di Montale e di suoi amici e critici per facilitare la rievocazione dell'uomo e del poeta: una personalità fragile nella sua durezza non certo facile e immediata. Può essere utile tracciare un percorso di Eugenio Montale (5) e della sua presenza critica e attiva in questo secolo di storia per cercare di capire i nostri percorsi. Se di comprensione vi fosse bisogno.

L'uomo

L'interesse degli interlocutori per Montale era fortemente teso al suo pensiero, e per le cose che diceva. Pochi hanno riportato commenti e note sul suo tratto umano: aspetto fisico, voce, sguardo, postura e gesti quotidiani. Mettendo insieme i pochissimi commenti marginali che si trovano in moltissimi critici, commentatori cronisti è possibile ricostruire una immagine di Montale/uomo.

Una vita all'insegna di un sorriso dolcissimo, un sorriso che per Montale era quasi una difesa dal mondo, un invito a fargli abbassare ogni crudezza....Montale sembrava timidamente e duramente trincerarsi dietro le folte sopracciglia e lo sguardo chiaro e ombroso, spesso nascosto dal fumo di una sigaretta fumata con veemenza. (Claudio Altarocca, Il Giorno 14/9/81)

Ogni sera passava molte ore al giornale, dalle 9 alle 2 di notte, nell'eventualità di avvenimenti improvvisi che richiedessero la sua presenza immediata. (Gaetano Afeltra, Il Tempo 15/9/81)

Intellettuale fuori dai circuiti e dalle mode, fu poeta civile, impegnato sempre al posto giusto, e senza enfasi nel riaffermare la dignità della persona umana di fronte alla barbarie dell'ignoranza e dell'intolleranza. (Maurizio Ambrogi La Voce Repubblicana 18/9/81)

Agro, aspro e ritroso: per verità e non per convenzione o finzione...scettico con accenti di sorridente e magari irridente amarezza. (Il Secolo XIX 15/9/81)

Con decisione, anche con durezza, finirà per coincidere con le affermazioni della più rinomata filosofia moderna: sulle cose che non si conoscono, meglio star zitti. (6) (Alberto Arbasino, la Repubblica 15/9/81)

Aveva in quei tempi un eterno mucchietto di cenere sulla spalla destra, perchè con un gesto nervoso scuoteva la sigaretta proprio a quell'altezza... mi accolse sorridendo con quelle rapide mosse febbrili ora gonfiate ora stirate fra le labbra e le gote. ... A casa sua dove si muoveva accelerando i passettini solitamente incerti, era una brace continua di motti, brevi sapienze, nobili maldicenze, ricordi taglienti.... Nei salotti che prediligeva e tuttavia detestava con infinita amabilità, sapeva starsene come un riccio, distribuendo frasette al vetriolo, scuotendosi in risate che andavano dallo stomaco alle gote come in un lungo fremito. ... Amava minestre di pancotto, insalate di scorzonera che i ristoranti sempre meno sanno proporre. ... Non so chi potrà dirlo ma questo signore che mai pronunciò una parolaccia, che sempre si inchinò alle dame, che viveva del rumore dei tarli, fu l'uomo più rivoluzionario della nostra poesia. (Giovanni Arpino, Il Giornale Nuovo 14/9/81)

Io non ricordo il poeta degli Ossi di Seppia e neppure il Nobel o il senatore a vita. Ricordo l'Eusebio di un viaggio in Terrasanta e di alcune serate milanesi, il Montale privato ma non minore, sornione, perfido, ironico, ma in modo così equanime fra il prossimo e se stesso da risultare una delle conpagnie più gradevoli che abbia avuto. ... Il Montale privato, Eusebio, aveva un suo modo sottile per mettere in ridicolo gli intellettuali fastidiosi e arroganti: portava il discorso sulle cose più umili e li costringeva con la sua autorità letteraria a fingere interessamento. (Giorgio Bocca, la Repubblica, 15/9/81)

Montale, nel 1935, a Firenze: per me l'immagine di una roccia; ma di una roccia benigna. Preciso e intenso nel silenzio di un'ora calma al caffè di piazza Vittorio, Montale intagliava con il suo profilo tutta un'atmosfera; e non si aveva tanto attenzione in quei momenti al pensiero della sua poesia, quanto a un modello d'esistenza così imperioso. ... Anche la voce, ricordo, era perfettamente intonata a quel modo d'essere. (Ferruccio Ulivi, Montale spirito tragico, in Omaggio a Montale, a cura di Silvio Ramat, Arnoldo Mondadori, 1966)

Montale ha interpretato meglio di ogni altro (in Italia) lo spirito del nostro tempo, che è in gran parte, purtroppo, negazione, aridità, disperazione, nichilismo. Ma bisogna dire che in questa rappresentazione egli non ha mostrato compiacimento né cinismo, ma sofferenza. E qui è la sua salvezza: come artista e come uomo. (Bonaventura Tecchi, in Omaggio a Montale, a cura di Silvio Ramat, Arnoldo Mondadori, 1966)

A questo punto mi è venuta la curiosità di sapere se c'era ancora qualcuno che lo aveva conosciuto e che potesse parlarmi di lui. Mi sono ricordato che Indro Montanelli aveva diviso con lui la stanza al Corriere per molti anni. Indro è il Decano dei giornalisti Italiani e non è facile trovarlo: con l'aiuto di amici milanesi sono riuscito ad avere il suo numero e, indispensabile, il permesso di chiamarlo. Ecco la intervista telefonica dopo la mia prima battuta su Montale:

Montale? Certo che lo conoscevo avevamo l'ufficio insieme al Corriere ...Come si fa al telefono ... dall'Australia a parlare di Montale ci vorrebbero delle ore, tante cose ci sarebbero da dire. Era un solitario e i suoi rapporti con gli altri erano difficili, un uomo timidissimo. In preda a continuo stato d'ansia. Soffriva per la sua incapacità di intervenire, ... di fare. Un antifascista per natura, per carattere, per indole e per cultura: non poteva associarsi a quella masnada di ignoranti...e durante il fascismòmantenere le distanze' non era ammesso... non era consentito. Sempre afflitto da inquietudini esistenziali e scrupoli. Aveva battute fulminanti delle quali aveva poi subito paura e diceva sempre: non lo dire a nessuno.... Le battute circolavano immediatamente... Aveva un senso dell'umorismo feroce, prendeva in giro tutti e anche se stesso, piacevolissima e divertente compagnia: la conversazione caustica, i ricordi precisi e gli aneddoti taglienti. L'ignoranza e la stupidità oggetto costante della sua critica micidiale. Un gesto curioso e particolare: a tavola prendeva il bicchiere di vino con le due mani e non lo avvicinava alla bocca: sporgeva la bocca verso il bicchiere...un gesto rivelatore... Quando parlavi con lui ti guardava intensamente con gli occhi grigio-azzurri cone se cercasse le tue parole prima ancora di sentirle pronunciare. Se lei stesse in Italia potremmo andare a mangiare... si potrebbe parlare per ore di Montale...tante cose da dire...tanto tempo fa . Devo avere scritto di lui in uno dei miei librìIncontrì. Complimenti all'Australia per le giornate su Montale ... non avrei pensato...un Paese così lontano ... e bravi gli Australiani! ...

(Intervista telefonica dell'autore con Indro Montanelli, Martedi 26 Giugno 1996 ore Italiane 18.30)


Adolescenza 1896 -1910 a Genova (Montale ha 14 anni)

L'Italia di Giolitti, la prima espansione italiana in Africa, scandali e speculazione finanziaria a Roma, rivolta operaia e contadina nel paese, fondazione della Federazione dei lavoratori della terra Federterra, fondazione della Confederazione Generale del Lavoro CGL. L'Italia è un paese sostanzialmente contadino, dominato da una borghesia agraria fortemente conservatrice, solo all'inizio della rivoluzione industriale. I problemi dell'unificazione risorgimentale sono ancora aspri, il divario culturale Nord Sud pone le basi di quello che sarà sempre il problema Italiano

Le arti: il Manifesto del Futurismo è pubblicato a Parigi nel 1909.

Nel 1907 muore Giosuè Carducci (Premio Nobel nel 1906). I crepuscolari si affermano in Italia.

Montale studia privatamente assistito dalla sorella Marianna, la famiglia, originaria di Monterosso, agiata borghesia di scagno ovvero di commercio, abita a Genova.

La difficoltà di seguire studi regolari, quella che gli impedì di proseguire all'università è stata, lo si può dire con il senno di poi, la base della sua indipendenza culturale e della sua linea alternativa rispetto alle correnti di pensiero conformi al tempo della sua formazione. Non apparteneva ai figli della borghesia che avevano frequentato l'università e continuava a studiare per apprendere, forse più cosciente di altri della sua ignoranza.

 

Giovinezza 1910 - 1920 a Genova (Montale ha 24 anni)

Guerra Italo-Turca, conquista della Libia, (1911), Prima Guerra Mondiale (1914-1918), Montale è arruolato e parte per il fronte dove già sono i suoi fratelli maggiori.

La vittoria, dopo i mesi cupi della disfatta di Caporetto (un nome che ancora oggi fa parte delle figure del discorso in Italiano). Le difficoltà del dopoguerra assistono la nascita del fascismo indebolendo i governi incapaci di gestire le tensioni sociali e la protesta operaia e contadina. Il dibattito all'interno dei socialisti diventa duro si forma l'ala stalinista, si prepara la scissione di Livorno (1921) e la nascita del Partito Comunista Italiano.

Al Governo si succedono Francesco Saverio Nitti, Vittorio Emanuele Orlando prima dell'ultimo governo Giolitti. La riforma agraria e la politica di incentivi del Governo innescano un periodo di relativa espansione economica. L'industrializzazione del Nord ha inizio.

Nelle arti: avanguardismo letterario, il futurismo sconquassa i paradigmi della corrente cultura espressiva. Il Vate emergente di quegli anni è D'Annunzio (1865-1938) (Impresa di Fiume 1919). Nel 1912 muore Giovanni Pascoli.

Montale si diploma in ragioneria: titolo che lui ebbe sempre un pò in dispetto, ma che costituisce l'orgoglio e il riscatto di tutti ragionieri Italiani e forse non solo Italiani. Studia canto come baritono: la carriera mancata e rimpianta sempre. Legge e studia i classici: gode i privilegi della condizione di ultimo nato. Scontri e dissapori con il padre.

Nel 1916 compone Meriggiare pallido e assorto che verrà pubblicata negli Ossi di Seppia (prima edizione Gobetti 1925, Torino).

Nel 1919 militare a Parma conosce Sergio Solmi, dopo la guerra frequenta l'ambiente genovese (Sbarbaro) e Torinese (Gobetti).

La poesia che rappresenta questo periodo è sicuramente Meriggiare... composta nel 1916 e pubblicata per la prima volta nel 1922.


Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d' orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch' ora si rompono ed ora s' intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com' é tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

La separazione tra la nostra vita e il resto è espressa con una figura precisa: una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. La luce abbagliante del sole, le scaglie di mare lontano e i suoni del meriggio partecipano l'intenso affetto esistenziale e rendono viva e presente la triste meraviglia.

 

Giovane uomo 1920 - 1930 (Montale ha 34 anni)

Il Fascismo al potere e al massimo della popolarità. Il regime si macchia di gravi delitti politici (Giacomo Matteotti e i fratelli Rosselli): chi dissente viene trattato dalle squadre di manganellatori e costretto a bere litri di olio di ricino. Il consenso viene quindi garantito da una parte con i favori del regime, con la demagogia e con l'esaltazione nazionalista, dall'altra con i picchiatori.

L'Italia diventa Impero (7)... il Duce controlla informazione, formazione e cultura.

Il regime occupa ogni campo dell'arte: la letteratura èfunzionale al regime la pittura e la poesia sono celebrative. Il Futurismo risulta così organico ai temi del regime da divenirne quasi l'emblema: un appiattimento di molti suoi esponenti che sarà fatale a questo movimento e che solo recentemente è stato superato dalla critica contemporanea.

Montale conosce Svevo, Saba, Ezra Pound e inizia le sue letture anglosassoni (T. Eliot).

Primo tempo pubblica la raccolta di versi Accordi nel 1922, nel 1925 per le edizioni Gobetti di Torino esce Ossi di Seppia. Sempre nel 1925 Montale firma il manifesto antifascista di Benedetto Croce, esce su L'Esame il saggio su Italo Svevo (Omaggio a Italo Svevo).

Nel 1927 ottiene un impiego presso l'Editore Bemporad di Firenze, conosce Drusilla Tanzi che sposerà solo nel 1962.

Nel 1929 Montale lascia Genova e va a Firenze dove è nominato direttore del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux; è di questi anni la sua corrrispondenza con Salvatore Quasimodo dalla quale traspare una insofferenza per Cardarelli e Ungaretti allora già affermati e riconosciuti.

La poesia che rappresenta questo periodo e che spesso viene citata come dichiarazione politica (o non politica) di Montale è "Non chiederci la parola...", sempre da Ossi di Seppia:


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

 

Una dichiarazione di non appartenenza e di non volontà che venne anche scambiata per qualunquismo borghese dalla critica successiva. Diverse possono essere oggi le interpretazioni anche alla luce della non appartenenza di Montale al dibattito (scontro) politico culturale degli anni 70.

La posizione di Montale può essere quella di chi sostiene come ineludibile e prioritario diritto della persona quello alla sua vita privata, può essere la rivendicazione del diritto alla astrazione: quando per non essere conniventi e per denunciare un regime diventa necessario sottoscrivere un'altra impossibile ideologia, la non appartenenza è l'unica denuncia possibile, l'unico impegno accettabile. Oppure è un diritto del Poeta quello di non coinvolgersi col suo tempo e di vivere al di sopra delle categorie correnti denunciando tutta la miseria della condizione umana, senza distinzione e senza scelta di campo? Di fatto Montale soffriva e disprezzava la volgarità culturale fascista e si sentiva rabbiosamente impotente contro la marea conforme. La sua scelta di campo era dunque precisa e lui la definiva semplicemente decenza.

 

La prima maturità 1930 - 1940 (Montale ha 44 anni)

Il decennio più oscuro del Fascismo in Italia, il Regime è subalterno a Hitler, la persecuzione razziale ha inizio, le migliori menti del paese si impegnano nella celebrazione della razza Ariana. Alcuni di questi celebratori diventeranno poi organici al PCI e alla DC (Antonello Trombadori, Davide Lajolo e Amintore Fanfani fra i molti che vinsero i Littoriali con opere celebrative della razza).

Il Duce proclama l'Impero. Comincia l'autarchia. Si sente oramai chiaro l'avvicinarsi della tragica fine del regime.

Montale a Firenze frequenta il caffè degli intellettuali fiorentiniLe giubbe rosse e gli ambienti dei giovani ermetici, collabora a Solaria. I suoi commenti sul fascismo sono pubblici e taglienti, disprezza l'arroganza e la stupidità del regime si sente insultato come Italiano dalla sua volgarità: al caffè Le giubbe rosse esprime liberamente la sua insofferenza che era resa quasi maniacale dalla sensazione di impotenza. L'amico Guarnieri gli rimprovera la opposizione, che egli ritiene settaria, al regime fascista e la reazione di Montale è violenta: riferisce Guarnieri che Montale alza la voce e le mani gli tremano. Nel 1934 il prefetto di Firenze convoca Montale e gli comunica la cessazione dall'incarico di direttore del Vieusseux con decorrenza immediata e senza liquidazione. Il suo posto è preso da Bonsanti.

Montale si sentì offeso dalla accettazione dell'incarico da parte dell' amico.

Per vivere si dedica al lavoro di traduttore: il temutissimo allontanamento dal Vieusseux lo libera dall'incubo di perdere il posto e alla fine lo protegge dalle provocazioni dei fascisti Fiorentini. Drusilla Tanzi (Mosca) risolve in quel periodo i suoi problemi di esistenza quotidiana.

Nel 1939 pubblica Le occasioni con Einaudi e l'anno successivo l'opera viene ristampata in una seconda edizione accresciuta di quattro liriche.

L'eco della tragedia in corso percorre le pagine delle Occasioni (come in Dora Markus:...distilla veleno una fede feroce. Che vuole da te?) il distacco/denuncia di Montale è però espresso più pesantemente dall'atmosfera che nel suo complesso la raccolta impone all'animo del lettore, ricordi troncati, abbandoni, distacchi, lontananze e silenzi, oscurità fisica e ideale.

Tutta la vicenda dei rapporti tra Montale e il fascismo è una tesa rappresentazione del dramma di una intelligenza libera che vuole poter rifiutare senza dover necessariamente combattere o assumere profili eroici. La rivendicazione del diritto di non essere eroi e la rabbia dell'impotenza.

Emblema di questo periodo:

Non recidere, forbice, quel volto, solo nella memoria che si sfolla, non far del grande suo viso in ascolto la mia nebbia di sempre. Un freddo cala...Duro il colpo svetta. E l'acacia ferita da sé scrolla il guscio di cicala nella prima belletta di Novembre. (8)

 

Montale sopravvive dopo la perdita del posto al Vieusseux traducendo (Shakespeare, Yeats, Eliot, Melville, Jorge Guillén) e si forma in questo modo la sua cultura Europea: rara caratteristica nell'Italia della autarchia (anche culturale) e impermeabile ai messaggi di altre lingue, in genere pochissimo conosciute anche dalla borghesia più sofisticata di allora. La sensibilità Europea aumenta la sua alienazione e la sua insofferenza dìmisfit' in un Paese che era allora ancora più provinciale di quanto non sia rimasto oggi.

 

La seconda maturità 1940 - 1950 (Montale ha 54 anni)

La seconda guerra mondiale, la sconfitta, la capitolazione parziale, la guerra civile, gli elementi di resistenza, l'entusiasmo della ricostruzione, il CLN, il pericolo comunista. Gli italiani imparano al costo della tragedia, ogni velo cade sulla stupida allucinazione trionfalistica del regime e il sacrificio, per la causa sbagliata, di decine di migliaia di eroi sconosciuti nelle steppe Russe e nei deserti africani viene ancora offeso da una gestione politica abbietta e furba. La fine della guerra segna l'inizio di una rinascita che sarà sempre marcata dalla ambiguità dell'armistizio: economica, industriale, ma non di valori culturali e nazionale.

Le elezioni del 1948 e l'inizio del regime democristiano. L'era di Degasperi. Le grandi lotte sindacali e l'inizio del miracolo economico italiano. Con la ricostruzione si mettono le basi del regime successivo e della partitocrazia consociativa che avrebbe poi governato l'Italia fino agli annì90.

Nelle arti il neorealismo italiano, De Sica, Rossellini, Germi, Soldati, Zampa, De Sanctis. Nella vita civile l'epurazione lenta e ipocrita.

Montale vive il periodo della Seconda Guerra Mondiale a Firenze dove resta anche dopo la liberazione. Assiste scettico e speranzoso allo stesso tempo alla caduta e alla umiliazione dei vecchi padroni.

Nel 1943 esce in Svizzera il volumetto Finisterre che verrà poi incluso nella Bufera e altro: Nel 1946 esce la sua Intervista immaginaria con il titolo di Intenzioni. nella quale Montale dichiara il suòmanifestò poetico:

"Il bisogno di un poeta è la ricerca di una verità puntuale, non di una verità generale. Una verità del poeta-soggetto che non rinneghi quella dell'uomo-soggetto empirico, che canti ciò che unisce l'uomo agli altri uomini ma non neghi ciò che lo disunisce e lo rendo unico e irripetibile".

Nelle liriche de La Bufera e altro ci si attenderebbe una eco immediata e precisa della emergenza di allora, della guerra e delle tragedie che sconvolgevano l'Italia, ma a parte cenni enigmatici e quasi crittografie questo riscontro non si trova. Montale spiega in uno scritto del '46 che :"...Si presentano nella vita di chi ha vissuto abbastanza a lungo situazioni gravi, casi veramente di emergenza, nei quali tutto sembra rovinare e la vita pare legata a un filo molto sottile...l'uomo ... posto di fronte al nulla o all'eterno ... si aggrappa alla vita ... infinitamente più cara quanto più è prossima a sfuggire".

Ecco la ragione della quasi esclusiva presenza nelle liriche scritte dal '40 al '44 di elementi privati e riflessioni interiori.

Quasi a compensare l'assurdo e incomprensibile dolore del mondo, il massacro e la bestialità con dolcezza malinconica, con la sofferenza personale o la nostalgia per una figura femminile ineffabile e fuggitiva.

La frangia dei capelli che ti vela la fronte puerile, tu distrarla con la mano non devi. Anch'essa parla di te, sulla mia strada è tutto il cielo, la sola luce che le giade ch'ài accerchiate sul polso, nel tumulto del sonno la cortina che gl'indulti tuoi distendono, l'ala d'onde tu vai, trasmigratrice Artemide ed illesa, tra le guerre dei nati-morti; e s'ora d'aeree lanugini s'infiora quel fondo, a marezzarlo sei tu,scesa d'un balzo, e irrequieta la tua fronte si confonde con l'alba, la nasconde. (9)

 

Alla fine della guerra Montale si iscrive (fonda) al Partito d'Azione, collabora alla Nazione di Firenze e fonda con Bonsanti e Loria il quindicinale Il Mondo.

La breve e unica parentesi di appartenenza con il gruppo de Il Mondo finisce rapidamente con qualche delusione rispetto alle aspettative che Montale si era fatto. Non è da escludere il senso di oppressione per l'ambiguità politica che caratterizzò la storia italiana di quegli anni, una ambiguità destinata a segnare per sempre, come un peccato originale, la politica e la cultura della politica nel paese.

Nel 1948 lascia Firenze e va a Milano al Corriere della Sera con un incarico di redattore della terza pagina, scrive elzeviri e critica musicale, è il periodo delle grandi traduzioni. I brevi racconti e gli scritti composti tra il 1946 e il 1950 vengono raccolti e pubblicati ne La farfalla di Dinard. Pubblica il Quaderno di traduzioni.

 

La prima anzianità 1950 - 1960 (Montale ha 64 anni)

Il miracolo economico esplode: l'Italia democristiana si arricchisce, il potere democristiano inizia la associazione con i Socialisti e la consociazione con il PCI. DC, PSI e PCI si spartiscono il potere negli istituti fondamentali scuola, università, banche, RAI, giornali, parastato attraverso un processo sistematico di lottizzazione delle strutture (quello che Montale chiamò l'ossimoro permanente).

Con il Trattato di Roma (1957) inizia il processo di unificazione politica dell'Europa. Nel mondo, finita la guerra in Corea, inizia la guerra in Viet Nam . Il mondo è diviso in due blocchi distinti: il muro di Berlino è il simbolo di questa fase storica. A Est la rivolta Ungherese inizia a incrinare il potere dell'Impero Sovietico: pochi intellettuali comunisti Italiani se ne accorgono e molti confermano la loro fedeltà allo stalinismo incapaci di rinunciare al sogno del comunismo ideale e di rinnegare un impegno esistenziale. Molti fanno finta di nulla.

La partitocrazia consociativa non piace a Montale che non trova il nuovo regime molto diverso dal precedente, il suo disgusto per la volgarità e per l'ignoranza dei potenti è uguale. La matrice borghese gli rende inaccettabile il PCI e gli impedisce anche l'intuizione di una rivoluzione.

Montale a Milano traduce e pubblica i suoi diari di poeta, viaggia come inviato del Corriere osservatore scettico, esterno, spesso severamente critico del mondo intorno a lui: iniziano gli anni della sua notorietà internazionale. In Italia è accettato come il più grande poeta contemporaneo, l'amicizia con Quasimodo si raffredda.

Nel 1959 qualche sofferenza per il Nobel a Quasimodo.

 

La seconda anzianità 1960 -1970 (Montale ha 74 anni)

Il miracolo italiano mostra la corda, lotte sindacali e scontri sulle piazze Italiane travolgono governi e coalizioni. Dopo qualche estemporaneo rigurgito di destra (Tambroni) inizia la fase dei governi di centrosinistra. Si consolida la consociazione di tutti i partiti dell'arco costituzionale nella gestione politica senza opposizione o con opposizione finta. Il Partito Comunista occupa molte aree di effettivo potere ed è al governo di diverse Regioni Italiane.

Nel 1968 la protesta degli operai si collega con il Movimento Studentesco che riscontra i segnali di Berkeley e Parigi: fiorisce la grande primavera giovanile, flower-power, Beatles e cultura del rock. La tensione positiva giovanile originaria, la contestazione ironica incomprese dall'establishment degenerano rapidamente. Il PCI, con un errore storico clamoroso, interpreta il momento come quello della possibile rivoluzione e tenta la strumentalizzazione del Movimento degli Studenti: cavalcare la tigre del Movimento è lo slogan. Il Movimento non riesce a distinguere. Le più importanti sedi Universitarie Italiane vengono occupate dagli studenti, le frange arroganti (i katanghesi, i vikinghi come venivano chiamati) prevalgono, i professori che non si adeguano sono reazionari vengono presi in ostaggio e messi alla berlina (sul modello cinese). In molte sedi la il Movimento studentesco viene appoggiato dai professori cosiddetti progressisti, la demagogia travolge tutti, si svolgono esami collettivi dove gruppi di decine di studenti ricevono il 30 politico da professori conniventi o intimiditi da assemblee vocianti dove qualunque buon senso viene deriso e umiliato, ogni tentativo di recuperare una didattica specifica e competente viene massacrato, i concetti di selezione e meritocrazia vengono bollati di fascismo. La volgarità stupida vince e riflette la simmetrica stupidità del sistema. Nel 1973 al Congresso di Rimini il Movimento si spacca: una parte inizia la fase clandestina che sfocerà poi negli anni di piombo come venne chiamato il decennio del terrorismo in Italia.

Nel mondo si consuma la tragedia del Viet Nam: l'escalation americana prepara il baratro di una sconfitta che modificherà profondamente la cultura occidentale. Mai il concetto della democrazia liberale occidentale era stato tradito dalla incompetenza culturale come in questa inutile e sanguinosa guerra, mai era stato pagato un prezzo così alto per un errore politico: il libro di Robert McNamara o un altro milione di libri come quello non potranno mai recuperare la tragedia storica. E questo non vuole assolutamente diminuire il sacrificio di coloro che hanno combattuto e sono morti da eroi a causa dell'egoismo culturale dei responsabili politici Francesi e Americani (58 mila Americani e forse tre volte tanti Vietnamiti).

L'espressione artistica, letteraria è quella della protesta: emblema Italiano Pier Paolo Pasolini.

Montale al Corriere della Sera, scrive elzeviri, critica musicale, poesie e traduce. È oramai poeta nazionale insieme a Ungaretti e Quasimodo. Nel 1966 pubblica le sue riflessioni in Auto da fè. La denuncia della stupidità e della efferatezza delle diverse parti è chiara e costante. La conferma della non appartenenza anche. La nomina a senatore a vita dal presidente Saragat nel 1967 finalmente risolve i problemi di una esistenza dignitosa. Nel 1969 pubblica Fuori di casa raccolta delle corrispondenze come inviato del Corriere della Sera e delle cronache di suoi viaggi privati. Nel Diario del '71 e del '72 si trova una lettera a Malvolio molto significativa per comprendere la scelta politica della vita di Montale, che risponde seccamente all'accusa presumibile di colpevole assenza o di qualunquismo.

Accusa che chiaramente Montale sente intorno a lui negli anni del Movimento subito prima della tragedia del terrorismo italiano.

 

Non s'è trattato mai d'una mia fuga, Malvolio, e neanche di un mio flair che annusi il peggio a mille miglia. Questa è una virtù che tu possiedi e non t'invidio anche perchè non potrei trarne vantaggio.   No, non si trattò mai d'una fuga ma solo di un rispettabile prendere le distanze. Non fu molto difficile dapprima, quando le separazioni erano nette, l'orrore da una parte e la decenza, oh solo una decenza infinitesima dall'altra parte. No, non fu difficile, bastava scantonare scolorire, rendersi invisibili, forse esserlo. Ma dopo. Ma dopo che le stalle si vuotarono l'onore e l'indecenza stretti in un solo patto fondarono l'ossimoro permanente e non fu più questione di fughe e di ripari. Era l'ora della focomelia concettuale e il distorto era il dritto, su ogni altro derisione e silenzio. Fu la tua ora e non è finita. Con quale agilità rimescolavi materialismo storico e pauperismo evangelico, pornografia e riscatto, nausea per l'odore di trifola, il denaro che ti giungeva. No, non hai torto Malvolio, la scienza del cuore non è ancora nata, ciascuno la inventa come vuole. Ma lascia andare le fughe ora che appena si può cercare la speranza nel suo negativo. Lascia che la mia fuga immobile possa dire forza a qualcuno o a me stesso che la partita è aperta, che la partita è chiusa per chi rifiuta le distanze e s'affretta come tu fai, Malvolio, perchè sai che domani sarà impossibile anche alla tua astuzia.

 

La vecchiaia 1970 - 1981 (Montale ha 85 anni)

Sono gli anni di piombo: i clandestini (ex Avanguardia Operaia A.O., ex Lotta Continua L.C., ex Potere Operaio P.O.) del '68 strumentalizzati dal PCI e dalla destra e dominati da ideologi ai limiti della psicopatia (Toni Negri et al.) uccidono o gambizzano magistrati, poliziotti, carabinieri, giornalisti e dirigenti di azienda convinti di distruggere l'odiato sistema.

Frange di destra, con la connivenza dei servizi segreti, partecipano alla macabra danza mettendo bombe nei treni e nelle stazioni. L'Italia è travolta da una guerra civile mai dichiarata, ancora oggi non riconosciuta, con centinaia di morti ammazzati e migliaia di prigionieri che si dichiarano politici. L'incrocio fra terrorismi di destra e di sinistra e le infiltrazioni dei servizi segreti e di frange della malavita organizzata e mafiosa è ancora oggi una storia non scritta. La critica politica e gli intellettuali sillogizzano sulla differenza fra terrore rosso e terrore nero. L'editore miliardario Giangiacomo Feltrinelli finanzia la rivoluzione e vi partecipa personalmente, uno dei pochi esempi di coerenza di un rappresentante della grande borghesia Italiana. Feltrinelli muore innescando una carica di tritolo sotto un traliccio dell'alta tensione vicino a Milano e rimane il simbolo del profondo malessere di una borghesia incapace di trovare un ruolo fra la partecipazione effettiva e critica alla dialettica politica, l'assenza indifferente, la connivenza e l'avversione rivoluzionaria. In un periodo di clamorosa assenza, anche se non si condivide la scelta allucinata, non si può non apprezzare la coerenza di chi la fece.

Viene recuperato dalle due parti l'antico strumento delle squadre fasciste: manganello, chiavi inglesi, catene sono gli attrezzi correnti della dialettica destra/sinistra giovanile e non.

I pestaggi, le incursioni e gli incendi per vendetta sono all'ordine del giorno. Uno dei tanti commenti di Montale dal Quaderno di quattro anni, Mondadori, 1977, pag. 116:

Si risolve ben poco con la mitraglia e col nerbo. L'ipotesi che tutto sia un bisticcio, uno scambio di sillabe è la più attendibile. Non per nulla in principio era il Verbo.

 

Il sequestro dell'ex primo ministro e leader della DC Aldo Moro (16 Marzo 1978) e la sua uccisione (4 Maggio 1978) dopo mesi di agghiacciante trattativa tra lo Stato e le BR sono il simbolo di questa fase italiana. Alla fine (1978) arriva la presa di posizione del PCI che si stacca in modo esplicito dall'ambiguità e denuncia i terroristi rossi che non sono più compagni ma compagni che sbagliano.

Solo il radicale Marco Pannella ha il coraggio di chiamarli compagni assassini. Nel 1981 inizia la fase di faticosa ricostruzione culturale ancora oggi, a più di quindici anni di distanza, non compiuta.

Una cultura che non ha riconosciuto la propria crisi difficilmente riesce ad uscirne. Si legge chiaramente, nella prospettiva temporale, la responsabilità di una classe intellettuale assente o disponibile durante tutta la fase complessa della transizione dalla protesta giovanile al terrorismo.

Molti hanno ancora oggi riserve critiche e tacciono. Come per la guerra civile degli anni 43/45, che per decenni venne qualficata e celebrata solo come resistenza, anche gli annì70 in Italia pongono problemi di coraggio culturale.

L'Italia imprenditoriale ed economica (e politica) si arricchisce con operazioni ben oltre il limite del banditismo finanziario (SIR, Montedison, ENI, Banco Ambrosiano 6/13/96) sono di questi anni e del precedente decennio le forti connivenze, oggi documentate, fra alcuni ambienti della magistratura con alcuni ambienti dell'imprenditoria e della politica.

Lettura obbligata di quegli anni Herbert Marcuse (L'uomo a una dimensione), si rievoca Bakunin, McLuhann, il luddismo in una atmosfera vagamente millenaristica e nihilista.

Montale pubblica nel 1971 Satura e nel 1973 Trentadue variazionì e Diario del '71 e del '72, nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura con una motivazione che attesta la sua scelta di autonomia e indipendenza intellettuale e viene defintivamente laureato poeta di livello internazionale.

Nel 1977 esce Quaderno di quattro anni. Continua a lavorare ancora attivo nelle giurie e nei premi letterari fino al 1977/78. Nel 1980 esce l'edizione critica della sua intera Opera in versi per l'editore Einaudi. Nel 1981 nel volume Prime alla Scala escono gli articoli di critica musicale scritti per il Corriere della Sera.

È oramai confinato nella sua casa di via Bigli 15 dove assistito dalla fedelissima Gina Tiossi muore il 12 settembre 1981.

Significativa dell'ultimo periodo di vita dal Quaderno di quattro anni questa riflessione di abbandono:

Spenta l'identità si può essere vivi nella neutralità della pigna svuotata dei pinoli e ignara che l'attende il forno. Attenderà forse giorno dopo giorno senza sapere di essere se stessa.

 

Sempre vivo 1981 -1996 (Montale ha 100 anni)

L'Italia scopre in questi quindici anni la struttura della corruzione che ha sempre dominato la vita del paese: una democrazia basata sul furto sistematico e sull'inganno. Nessuna forza politica si salva dal tracollo etico, il Paese è senza valori, il tradimento delle ideologie e il tradimento dei grandi manifesti non poteva essere più umiliante. Il coinvolgimento non risparmia i vertici dello Stato e la confusione domina. Manca clamorosamente una guida eticamente credibile e in grado di ricostruire il progetto nazionale. La gente si sente abbandonata. I confini tra l'onesto e il disonesto sono travolti, chi non ha rubato è patetico, non credibile, di fatto si procede a una nuova epurazione parte per mano della magistratura, parte attraverso il potere dei nuovi arrivati, molti dei quali coinvolti in antiche truffe verranno a loro volta rapidamente metabolizzati. Alcuni esponenti di spicco del passato regime devono lasciare l'Italia per non finire in galera. Come in tutte le rivoluzioni non si fanno distinzioni, anche gli onesti sono marcati: alcuni lasciano il Paese per personale disgusto. Il programma Montaliano di distacco/denuncia e di decenza è quanto mai attuale. L'ossimoro permanente intuito, illustrato e denunciato nella Lettera a Malvolio negli anni '70 (...l'onore e l'indecenza stretti in un solo patto fondarono l'ossimoro permanente...) ha dato i suoi risultati di devastazione. La sua poesia civile aveva previsto tutto . Montale è presente come non mai con il suo Diario Postumo, 66 poesie e altri versi pubblicato da Einaudi in occasione del centenario della nascita a cura di Annalisa Cima e dimostra ancora una volta che:

No, non si trattò mai d'una fuga ma solo di un rispettabile prendere le distanze.

 

E che il solo prendere le distanze era accusa durissima.

 

Montale poeta del futuro 1996 ...

L'intuizione chiara che suscita la lettura di Montale oggi è quella della separazione completa tra la vita degli uomini e la vita del resto. La brevità e inconsistenza dell'esistere contingente rispetto alla non misurabile immanenza del vivere universale intorno a noi che la sua poesia continuamente ripropone è una figura attuale perchè è una figura di sempre. Montale accettava a fatica, o non accettava affatto, questa separazione e la sentiva con ...triste meraviglia.

Qualcosa però cambia negli ultimi anni e ...a questo punto:

A questo punto smetti dice l'ombra. T'ho accompagnato in guerra e in pace e anche nell'intermedio, sono stata per te l'esaltazione e il tedio, t'ho insufflato virtù che non possiedi, vizi che non avevi. Se ora mi stacco da te non avrai pena, sarai lieve più delle foglie, mobile come il vento. Devo alzare la maschera, io sono il tuo pensiero, sono il tuo in-necessario, l'inutile tua scorza. A questo punto smetti, strappati dal mio fiato e cammina nel cielo come un razzo. C'è ancora un lume all'orizzonte e chi lo vede non è un pazzo, è solo un uomo e tu intendevi non esserlo per amore di un'ombra. T'ho ingannato ma ora ti dico a questo punto smetti. Il tuo peggio e il tuo meglio non t'appartengono e per quello che avrai puoi fare a meno di un'ombra. A questo punto guarda con i tuoi occhi e anche senz'occhi.

 

Un invito ad abbandonare il pensiero speculativo inutile e ingannevole sovrastruttura razionale e ad affidarsi alla sensazione immediata, a ciò che si vede con gli occhi e che, anche senza occhi, si intuisce.

La promessa è affascinante:

...non avrai pena, sarai lieve più delle foglie, mobile come il vento ... C'è ancora un lume all'orizzonte e chi lo vede non è un pazzo è solo un uomo...

 

Non serve ragionare e cercare spiegazioni o cercare di capire enigmi ulteriori: serve abbandonarsi all'esistere, accettarlo per partecipare al resto.

Montale sembra con questi versi accettare il consiglio che spesso ha dato a chi cercava di comprendere l'oscurità della poesia (cfr. nota 2), accettarlo e applicarlo.

Forse l'ultima risposta all'abbandono di Giacomo Leopardi:

Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vò comparando: e mi sovvien l'eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s'annega il pensier mio: E il naufragar m'è dolce in questo mare.

 

Diario Postumo: 66 poesie ed altri versi

Montale affida ad Annalisa Cima in busta chiusa una sua raccolta di 66 poesie inedite con l'incarico di pubblicarla in occasione di un suo anniversario futuro.

Un gesto significativo della battaglia di Montale contro il tempo, del suo desiderio, non rassegnato, di collegare il suo esistere con il resto del vivere e dell'universo e allo stesso tempo significativo dell'ironia beffarda con la quale combatteva una battaglia che sapeva, comunque, già persa.

Il tempo è determinato dalle sensazioni fisiche: in assenza di queste si annulla.

Indipendentemente dai versi specifici e dai contenuti di queste ultime poesie, il gesto di Montale è di per se un messaggio poetico, una sfida e una chiave di interpretazione della sua vita e del suo manifesto etico.

Incontro Esitammo un istante, e poco dopo riconoscemmo di avere la stessa malattia. Non vi è definizione per questa mirabile tortura, c'è chi la chiama spleen e chi malinconia. Ma se accettiamo il gioco ai margini troviamo un segno intelleggibile che può dar senso a tutto.

 

In questa poesia il cenno all'incontro con Annalisa Cima, il riconoscimento della comune malattia: la malinconia, ma un elemento nuovo: se si accetta il gioco...ai margini troviamo / un segno intelleggibile / che può dare senso al tutto.

In è difficile vivere la ridefinizione più attuale del suo affetto alla vita; per quanto difficile, assurdamente dolorosa. Senza fede tutto si appiattisce, ma di nuovo una scintilla diversa: la partita ricomincia sempre nella battaglia per la sopravvivenza.

È difficile vivere senza fede alcuna; ogni giorno una notizi d'un massacro. E negli incastri quotidiani, scorgiamo il cupo segno del destino. Anche le guglie sembrano tetti bassi, ma una nota un guizzo inaspettato tra i rampicanti, o un ignoto battitore che rilancia la palla e la partita ricomincia. È la battaglia della sopravvivenza.

A me piace leggere nel Diario Postumo la storia d'amore intensa e delicata del vecchio poeta per una giovane donna: la donna di sempre, quella che un uomo ama e tradisce per tutta la vita. La storia d'amore, con momenti di gaiezza e scherzo, si intride con il senso della fine vicina: ... ti ho trovata, finalmente, ora che devo andare via, e noi lo sappiamo.

Parlerai di me con lo stesso fervore che t'accende quando ricordi il nonno scomparso. La morte non è il sonno, è un lido dal quale non si torna; lenta risuona e poi giunge, è l'ora, e d'improvviso ti tocca di sparire tra sassi e terra.

 

e ancora:

Il tuo pallore mi fece trasalire, ti si leggeva in volto quell'abbandono della vita. E, come acqua limpida, il tuo sguardo disse il distacco dalle umane cose, recavi il tuo soffrire con te, e rispondevi appena; poi d'un tratto salutasti, breve, e scivolasti via lasciandomi col mio dolore, muto.

 

Nota finale

Vivendo intensamente con la poesia di Montale per alcuni mesi, leggendo una piccola parte dell'enorme produzione ermeneutica su di lui si provano due sensazioni antagoniste.

Da una parte la forza della sua poesia, immediata, intuitiva, violenta provocazione esistenziale, ottenuta con sintesi lapidaria, parole e versi distillati a segni minimi.

Dall'altra il volume, la massa, l'estensione delle spiegazioni e delle interpretazioni; molti saggi critici sono pagine di rifacimenti in prosa, interpretazioni estensive, fiumi di parole che affannosamente ripropongono, in modo talvolta prolisso e forbito e talvolta goffo, la felice intuizione di una parola e di poche sillabe.

Ho cercato di sentire direttamente, oltre la comprensione grammaticale degli scoliasti : uno sforzo che da qualche anno sto facendo per recuperare la semplicità e la sua grande efficacia.

 

... A questo punto

guarda con i tuoi occhi e anche senz'occhi.

 

Lorenzo Matteoli

City Beach , Western Australia,
Agosto, 1996

 

Note al testo

1. La lettura della abbondantissima reazione sulla stampa italiana nelle settimane e mesi dopo la sua morte nel 1981 è interessante: i tentativi di appropriazione ideologica associati alla insofferenza della sinistra sono l'esempio di quanto giusta fosse la posizione di non appartenenza sempre sofferta e sempre ribadita. Ecco alcuni esempi tratti dàper Eugenio Montale, gli interventi della stampa quotidianà a cura di Armida Marasco, Galatina Congedo Editore, Lecce, 1982:

"Un uomo le cui idee politiche non furono esattamente le nostre" Giovanni Giudici su l'Unità;

"...la poesia di Montale è stata sempre riconosciuta come la poesia dell'establishment nostrano." Elio Pagliarani su Paese Sera.

"La mia generazione, in verità, non ha amato molto Eugenio Montale. Lo ha forse a torto letto subito come un classico, qualcuno da celebrare. D'altronde quel suo antifascismo ermetico ci era parso posticcio, come scorretta ci pareva la sottolineatura antifascista del manifesto degli Intellettuali capeggiati da Benedetto Croce e che fu firmato anche da Montale ...A dirla schietta preferivamo Penna, Saba, Pasolini. I poeti li volevamo o purissimi, angelici, dentro la vita, come Penna, o impegnatissimi fino al collo come Pasolini. Meglio se nella stessa persona venivano a coagularsi entrambi i pregi. Senatori mai. Montale ci ricambiò con l'antipatia nei confronti della contestazione. ... Lo sanno tutti: era inutilmente cattivo e invidioso, come il più fracico dei letterati. Bastava dire bene di Saba, di Sbarbaro e ...apriti cielo....È morto Eugenio Montale, un antifascista conservatore, un grande lirico." Renzo Paris Eugenio Montale un amore difficile su Manifesto 15, Sett. 1981

"...Facile sarebbe ricordare che è stato grande poeta per noi, per i giovani e meno giovani di una sinistra dura e muta che viveva gli inverni sotterranei di un comunismo antifascista assediato come dentro una prigione. La borghesia del suo paese non aveva ancora dato lauree al poeta, solo un posto di redattore semplice al Corriere della Sera, bugicattolo oggi gonfiato a mito retrospettivo. I comunisti erano Montaliani senza bisogno di dirlo. Avevano in questo poeta clandestino e preteso difficile, un rifugio che nessuno zdanovismo veniva a turbare. Togliatti non amava Montale, lo avrebbe affiancato tardi, in un celebre articolo, alle bottiglie di Morandi. Segni di una mancanza di grandezza nell'antifascismo della cultura ... " Michelangelo Notarianni: Eugenio Montale: la vita al 5 per cento sul Manifesto del 15, Sett. 1981.

"Regalare Montale tutto alla borghesia significherebbe non raccogliere, non prolungare la tensione e la direzione di quel delirio, la sua ricerca di un varco ...." Romano Luperini Montale: i funerali, la poesia. sta in "UnitàProletaria" A. VII, n. 3-4 Dicembre 1981.

2. Ecco cosa dice Montale sul problema:

Ho toccato un punto (un punto solo) sull'oscurità o apparente oscurità di certa arte d'oggi: quella che nasce da una estrema concentrazione e da una confidenza forse eccessiva nella materia trattata. Di fronte ad essa la critica si comporta come quel visitatore di una mostra che guardando due quadri, per esempio una natura morta di funghi, o un paesaggio con un uomo che passa tenendo l'ombrello aperto, si chiedesse: Quanto costano al chilo questi funghi? Sono stati raccolti dal pittore o comprati al mercato? Dove va quell'uomo? Come si chiama? E l'ombrello è di seta vera o di seta gloria? L'oscurità dei classici, non solo quella di Dante e del Petrarca, ma anche quella del Foscolo e persino del Leopardi, è stata in parte diradata dai commenti di intere generazioni di studiosi: e non dubito che quei grandi sarebbero stupefatti delle spiegazioni di certi loro ermeneuti. Anche l'oscurità di certi moderni finirà per cedere, se domani esisterà ancora una critica. Allora dal buio si passerà alla luce, a troppa luce: quella che i cosiddetti commenti estetici gettano sul mistero della poesia.

...

Tra il non capir nulla e il capir troppo c'è una via di mezzo, un juste mileu che i poeti, d'istinto, rispettano più dei loro critici; ma al di qua o al di là di questo margine non c'è salvezza nè per la poesia nè per la critica. C'è solo una landa troppo oscura o troppo chiara dove due poveri sciacalli non possono vivere o non possono avventurarsi senza essere braccati, catturati e rinchiusi tra le sbarre di uno Zoo.

Da Due sciacalli al guinzaglio Corriere della Sera, 16 Febbraio, 1950 elzeviro di E.Montale.

3. Forse un mattino andando da Ossi di Seppia di E. Montale, edizione Mondadori 1948, pag. 62

..../ La poesia non è fatta per nessuno, / non per altri e nemmeno per chi la scrive. / Perchè nasce? Non nasce affatto e dunque / non è mai nata. Sta come una pietra / o un granello di sabbia. Finirà / con tutto il resto. / ...

da Asor in Diario del 71 e del 72 di E. Montale pag 95.

4. Montale chiarisce molto bene la sua posizione :

L'uomo in quanto essere individuato, individuo empirico è fatalmente isolato. La vita sociale è un'addizione, un aggregato, non una unità di individui. L'uomo che comunica è l'io trascendentale che è nascosto in noi e che riconosce se stesso negli altri.

...

... il massimo dell'isolamento e il massimo dell'engagement possono coincidere nell'artista e dovrebbero coincidere sempre.

...

In questo senso, solo gli isolati parlano, solo gli isolati comunicano; gli altri - gli uomini della comunicazione di massa - ripetono fanno eco volgarizzano le parole dei poeti, che oggi non sono parole di fede ma potranno forse tornare ad esserlo un giorno. Oggi in ciascuno di noi c'è un uomo nuovo e un uomo vecchio in conflitto: di qui la disarmonia, lo squilibrio dei nostri giorni. L'avvento del totale uomo nuovo sarebbe l'avvento del robot, dell'uomo meccanico e la fine dell'arte. Il trionfo dell'uomo vecchio sul nuovo non è immaginabile, e sarebbe una sconfitta peggiore dell'altra.

da La solitudine dell'artista, conferenza tenuta in lingua francese il 21 di Maggio 1952 a Parigi nel corso dei dibattiti letterari organizzati dal Congresso Internazionale per la libertà della cultura (traduzione curata da E.Montale).

5. Wittgenstein, ma lo aveva detto senza essere un moderno filosofo anche Giacomo Leopardi con una bella battuta: Il modo migliore per non mostrare i propri limiti è quello di non oltrepassarli!

6. È di questi anni un episodio narrato dallo stesso Montale molto significativo della vita con il padre, episodio che determina inequivocabilmente il successivo atteggiamento del poeta nei confronti del fascismo e delle sue diverse manifestazioni. Il giovane Montale riceve un ceffone da uno squadrista dei fasci perchè non ha salutato con il dovuto rispetto il 'cencio nerò e il padre commenta: Te lo sei meritato...'

7. Ecco il ritratto molto utile che ci da Silvio Guarnieri amico e allievo a Firenze negli anni dal 30 al 37:

Il fascismo attraverso di lui, anzitutto ci apparve come un fenomeno di incultura, di rozzezza, di cattivo gusto; sempre pronto lui a coglierne ogni lato, ogni momento e manifestazione goffa e meschina.

...

Ma contro il fascismo egli non si accontentava della nota di scherno, di sottolinearne i momenti, gli atteggiamenti più ridicoli; la sua polemica era esplicita ed aveva qualcosa di affannato, di esasperato.

...

Colta e definita la realtà in un senso assolutamente negativo, affermata la necessità di intervenire su di essa per modificarla, egli si ritraeva da ogni intervento pratico, concreto, arrivava ad una desolata esemplazione del proprio limite umano, poteva giungere persino ad ammettere, più che una propria timidezza, addirittura la viltà.

Da Creare a noi il nostro destino di Silvio Guarnieri in "Omaggio a Montale" (pag. 142) cura di Silvio Ramat, Mondadori, 1966.

8. Non recidere forbice ne "Le occasioni", Mondadori, 1949.

9. La frangia dei capelli in "Finisterre (Satura)", 1943

10. Le date della Seconda Guerra di Indocina non sono facili da stabilire: secondo la storiografia corrente la guerra è iniziata nel 1955 ed è finita nel 1975. Il Viet Minh (Movimento per la Liberazione del Vietnam) combatteva contro i Francesi fin dal 1946. Dopo la sconfitta Francese (Dien Bien Phu 1954, Accordo di Ginevra 1955) gli Stati Uniti vennero coinvolti prima con Eisenhower (Segretario alla Difesa John Foster Dulles). Kennedy (Segretario alla Difesa Robert MacNamara) portò il numero deìconsiglierì americani da 1000 a 18.000 alla fine del 1961. Con Johnson il contingente americano in Vietnam arrivò a 500.000 soldati. Nel 1968 dopo anni di incertezze e contraddizioni Johnson annunciò il 'disengagement'. Fu solo nel 1976 con la caduta di Saigon (2 luglio, 1976) che la guerra ebbe fine. Henry Kissinger insieme a Le Duc Tho condussero i negoziati che conclusero il conflitto. Kissinger venne premiato con il Nobel per la Pace. Le Duc Tho lo rifiutò

11. In retrospect: the tragedy and lessons of Vietnam, Robert MacNamara, Brian Vandemark, 1955. Secondo MacNamara l'escalation militare Americana in Vietnam fu la conseguenza della totale incapacità di comprendere i valori che sottendevano la fermezza dei Nordvietnamiti: si trattava di nazionalismo e non di imperialismo comunista. Alla classe di governo Americana mancavano l'esperienza e la cultura necessarie a valutare ciò che stava succedendo nel Sud Est Asiatico. si trovarono quindi a subire gli schemi e la visione dei capi militari, che ovviamente si limitavano alla strumentazione militare per risolvere i problemi. Il libro di McNamara è un documento unico di come un processo decisionale in una struttura democratica possa sfuggire a qualunque controllo strategico: nessuna strategia, nessuna analisi seria, nessuno schema alternativo, solo il galleggiamento passivo sugli avvenimenti quotidiani. Il libro di McNamara è una testimonianza di grande coraggio e va riconosciuto.

12. accusa che traspare ancora molti anni dopo nel commento di Ezio Paris sul Manifesto del 15/9/81.

13. Termine del gergo di allora significava: fucilazione alle gambe.

il vero poetico è vero metafisico a petto del quale il vero fisico che non vi si conforma dee tenersi a luogo di falso (Giovanni Battista Vico);

14. A questo punto, in "Diario del '71 e del '72", Mondadori, settembre 1977.

15. da I Canti di Giacomo Leopardi L'infinito.

16. Incontro e è difficile vivere, in "Diario Postumo ed altri versi", A cura di Annalisa Cima Einuadi, 1996.

17. scoliasti è un termine caro a Montale: così si chiamavano coloro che facevano note (scolium, pl. scolia) di chiarimento in margine ai testi classici.